I Merovingi

Questa dinastia regale è conosciuta nella storia come un clan di origine salica che diede dei re a varie tribù barbare, tra loro riunite a formare un popolo: i FRANCHI. Agli inizi del IV secolo d.C., infatti, si era già verificata l'amalgamazione e la fusione di molte tribù di origine germanica provenienti da antiche migrazioni di genti dall'Oceanus Germanicus (mare del Nord) dal Suevicum (Baltico) e dal Cimbrico Jutland (Danimarca).
Alcune di queste tribù erano già state conosciute dai Romani che le avevano combattute ben oltre i confini della GALLIA.

Il grande storico romano TACITO, con le sue ricerche e le "interviste" ai soldati romani che tornavano da quei territori, era venuto a conoscenza che quelle orde di barbari discendevano da tre grandi ceppi, nonostante quelle incontrate dalle legioni romane fossero composte da circa 40 tribù diverse (forse, anche un centinaio).
A causa di altre fusioni con altre popoli migrati dall'Est diventerà ancora più difficile, per gli storici, ricostruire la provenienza e le trasformazioni subite da queste popolazioni. Per capire qualcosa, ci sono solo le pagine di Tacito del suo "DE ORIGINE SITU GERMANORUM", scritte nel 98 d.C.

Alcuni scavi archeologici testimoniano che la loro sede originaria era collocata tra la Scandinavia del sud e le coste del Baltico (Jutland) e lungo il corso del fiume Elba mentre altri reperti archeologici confermano l'esistenza di una cultura detta di "JASTORF" datata intorno al 700 a.C. è questa l'epoca delle prime grandi migrazioni delle popolazioni germaniche.

Esse, infatti, avvennero lungo due grandi direttrici: il Reno a ovest ed il Danubio a sud ed entrambe entrarono in contatto con la CIVILTà CELTICA che si era già diffusa in tutta l'Europa fin dal 1600 a.C. Durante l'età del ferro (cultura di HALLSTATT) i Celti avevano occupato territori intorno ai fiumi Mosa, Reno, Meno, Marna ed allo Champagne: tutti questi popoli erano stati chiamati dai Romani "GALLI".
Altri gruppi dominarono, invece, l'intero corso del Danubio dalle sorgenti del Giura fino al Mar Nero e lo sviluppo celtico interessò anche l'Italia del Nord nell'ultimo periodo della loro massima espansione, nel 400 a.C.

A causa, dunque, delle migrazioni germaniche del nord Europa, iniziate nel 700 a.C., dopo appena quattro secoli non esisteva più traccia, in Europa, dei Celti, poiché o furono cacciati (un buon numero si recheranno in Asia Minore, prima come soldati di Filippo il Macedone e, poi, del figlio Alessandro) o, lentamente, furono assorbiti da questi successivi popoli invasori che furono detti "FIGLI DEL MARE: MERO-VEI" inarrestabilmente in ascesa ed in eterno movimento.

I CELTI ed i GALLI furono chiamati dai Romani tutti "GERMANI" poiché una delle prime tribù che conobbero e sconfissero così si chiamava - JERMAN - e proveniva dalla Jutland, scesa verso il Danubio superiore, ai confini dell'Impero romano, assieme ai SUEBI, ai MARCOMANNI, ai CIMBRI, agli AMBRONI ed ai TEUTONI.
Proprio la tribù dei Teutoni si stanziò nella Gallia meridionale e si scontrò, nel 102 a.C., con l'esercito romano guidato da Caio Mario e per un lungo periodo di tempo "Teutonici" rimase presso i latini il termine equivalente per indicare le tribù germaniche.

Orbene, nel 373 a.C., delle antiche tribù germaniche erano rimasti soltanto due gruppi: i popoli del nord attorno al Danubio, gli ALAMANNI, e quelli stanziati attorno al Reno, i FRANCHI.
Su quest'ultimo, eterogeneo popolo, composto da moltissime tribù, aveva finito col prevalere, nel tempo, quella dei SALII, originaria dell'Olanda, dalla zona del lago salato di YSSEL, nel mare del Nord e, dove oggi c'è una diga, un tempo le acque marine stagnanti provocavano, evaporando, grandi depositi salini. L'intera zona circostante, infatti, era chiamata SAALAND: Terra del sale.
La tribù dei Salii si impose a sud ovest ed arrivò sino allo Schelda ed alla Mosa e sulla riva sinistra del Reno, mentre una seconda detta dai Romani dei SALII RIPUARII, penetrò all'interno della riva destra renana rimanendo piuttosto ribelle nei confronti della prima.

Le due tribù ebbero, nel 357 d.C., degli scontri con l'esercito romano al comando dell'imperatore GIULIANO. Infatti, lo storico AMMIANO MARCELLINO riporta nelle sue cronache che la tribù dei Salii era composta da uomini forti e coraggiosi che si erano spinti sino alle fortificazioni sulla strada romana di Colonia. Dopo vari compromessi l'imperatore romano aveva concesso loro anche la libertà (foederati) e di rimanere sul territorio nei vari pagus, ormai non più accampamenti, diventati veri e propri villaggi ed, in seguito, delle città.

ClodioneI Romani chiamarono i Salii "i liberi", ovvero gli "affrancati", cioè Franchi Salii, e gli altri i Ripuari, cioè quelli stanziatisi sull'altra sponda. Ammiano affermava che questi ultimi avevano un proprio re e di uno di questi, di cui si hanno prime notizie, era stato CLODIO o CLOJO o CLODIONE. In quell'epoca i Salii si erano già spinti, risalendo il Reno, sino al Tournai ed alla valle della Loira e da Colonia fino all'odierna Francoforte, dando vita ad un nuovo territorio: la FRANCONIA.

Con loro, dunque, inizia il regno dei Salii, detti anche Merovingi, od uomini venuti dal mare e del loro primo re, conosciuto nella storia come il capostipite di questa dinastia, MEROVEO, la cui nascita è circondata dal mistero e dalla leggenda.

MeroveoDurante la guerra dei Romani contro gli UNNI, guidati da ATTILA, i Franchi Salii Ripuari si erano alleati ai Romani ed avevano aiutato il generale dell'esercito romano, EZIO, nella famosa battaglia dei Campi Catalaunici dove il re degli Unni era stato sconfitto. Uno dei tanti reparti che si erano uniti in quella battaglia era guidato da Clodione. Costui, in un primo tempo, si era dimostrato insofferente ai Romani. Infatti, il generale Ezio, prima che il capo barbaro gli diventasse amico ed alleato, aveva requisito a Clodione, in una battaglia, dei carri, aveva fatto dei prigionieri e gli aveva preso in ostaggio perfino la moglie.

Costei, durante la prigionia, ebbe due figli, di cui uno non si sa da chi, e la leggenda narra che essa mentre nuotava nel mare fu posseduta, già incinta del primo figlio di re Clodione, da un mostro marino ("bestea Neptuni Quinotauri similis") dalla cui unione nacque, poi, un secondo figlio: Meroveo.

Lo storico PRISCO, che conobbe personalmente Clodione, narra che alla morte gli successe il figlio Meroveo che si recò a Roma (448 d.C.), per conferire con Ezio e chiedergli aiuto: "Io lo vidi qui, ed era ancora molto giovane. Aveva bellissimi capelli biondi, folti, lunghissimi che gli scendevano sulle spalle".
Meroveo introdusse nel suo governo le cosiddette "LEGGI SALICHE", sorta di codice in cui erano elencate le disposizioni civili e penali elaborate da un popolo che attingeva queste leggi da una lontana tradizione arcaica, tutte tramandate oralmente e patrimonio memorialistico dei vecchi saggi dei vari clan. Inoltre i Merovingi dettero origine ad una lingua che sostituì quella latino-germanica: il fiammingo.

Accanto alla storia ufficiale sulle origini dei Franchi esiste, in parallelo, un'altra versione a tratti ancor più leggendaria.
FREDEGARIUS [1], uno scrivano borgognone morto nel 660 d.C., narra nella sua CRONACA, la storia dei Franchi che andava dai tempi remoti degli antichi Patriarchi ebrei alla sua epoca, citando numerose fonti d'informazione e di rimando, fra cui gli scritti di SAN GIROLAMO, l'arcivescovo ISIDORO di SIVIGLIA ed il vescovo GREGORIO di TOURS anch'egli autore di una STORIA DEI FRANCHI [2]. Per raggiungere tale precisione, Fredegario, che godeva di molta considerazione alla corte borgognona, approfittò della sua possibilità di accedere a svariati archivi ecclesiastici ed annali statali.

Egli, dunque, racconta come i FRANCHI SICAMBRI, da cui prese nome la Francia, erano stati a loro volta chiamati così per via del loro capo FRANCIO o FRANCIONE, morto nel II secolo a.C. La tribù, che era passata nella Scozia, affondava le sue radici nell'antica città di TROIA. Tracce di questa discendenza si potrebbero trovare in alcuni nomi come quello della città di TROYES e, perfino di Parigi che porterebbe il nome del principe PARIDE, figlio del re PRIAMO di Troia.
Quella dei Merovingi, quindi, sarebbe stata una dinastia discendente in linea maschile dai "RE PESCATORI" che corrispondevano anche ad una linea di successione femminile sicambrica. I Sicambri, prendevano il loro nome da CAMBRA, una regina tribale vissuta intorno al 380 a.C., originaria della Scozia ed erano chiamati anche i "NUOVI PARENTI".

Nel IV secolo d.C. i Franchi Sicambri erano in Renania, dove vi si erano trasferiti dalla Pannonia (ad ovest del Danubio) nel 388 d.C. sotto i loro capi GENOBAUDE, MARCOMER e SUNNO. Insediatisi in quella regione della Germania, fissarono la loro sede a Colonia.

FaramondoDurante il secolo successivo i loro eserciti invasero la Gallia romana e dilagarono nell'attuale Belgio e Francia settentrionale. Fu a questo punto che la figlia di Genobuade - ARGOTTA - sposò il "Re pescatore" FARAMUNDO (o FARAMONDO), che viene spesso citato come il vero patriarca della monarchia francese. Costui, infatti, era nipote di BOAZ (ANFORTAS), discendente in linea diretta dal figlio di GIOSUè, AMINADAB, che sposò la figlia di re LUCIO, EURGEN.

Faramondo, comunque, non sembra essere stato l'unico coniuge di stirpe messianica. Argotta stessa discendeva dalla sorella di re Lucio, ATHILDE, che sposò il capo dei Sicambri, Marcomer (ottavo in ordine di discendenza da Francio) verso il 130 d.C. e, perciò, la successione merovingia che derivò da Faramundo ed Argotta sarebbe stata doppiamente desposynica (così venivano chiamati i presunti discendenti della famiglia di Gesù).
Il padre di Argotta, Genobaude, signore dei Franchi, era l'ultimo maschio della sua stirpe e così il figlio di Faramondo ed Argotta, Clodione, divenne puntualmente il successivo "Custode e Signore" dei Franchi in Gallia così come il suo successore, il figlio Meroveo (circa 417 - 438 d.C.).

Il nipote di Clodione, anch'egli di nome Meroveo, fu proclamato Custode (a Tournai nel 448 d.C., morto nel 457 d.C.) e, probabilmente, fu il primo re ufficiale dei Franchi. Fu dopo di lui che la stirpe divenne nota come la mistica dinastia dei Merovingi: non venivano incoronati o creati re, ma regnavano per una tradizione ormai accettata che corrispondeva al diritto messianico delle generazioni passate, attraverso la discendenza dal "Re pescatore" (re sacerdote) Faramondo.

Erano chiamati i "Re incantatori" od i "Re taumaturghi", poiché grazie a qualche proprietà miracolosa del loro sangue potevano guarire gli infermi mediante l'imposizione delle mani. Si diceva anche fossero chiaroveggenti e capaci di comunicare telepaticamente con gli animali ed il mondo naturale e che portassero una potentissima collana magica. E tutti avevano una "voglia" caratteristica che li distingueva dagli altri uomini, li rendeva immediatamente identificabili ed attestava il loro sangue sacro o semidivino. Questa "voglia", si diceva, che avesse la forma di una croce rossa, situata sul cuore - una bizzarra anticipazione del blasone dei cavalieri Templari - o tra le scapole.

I Merovingi spesso erano chiamati anche i "Re lungichiomati", poiché - come Sansone nell'Antico Testamento - non si tagliavano mai i capelli e la loro chioma conteneva la loro "vertu": l'essenza ed il segreto del loro potere.
Essi stessi si vantavano di discendere da NOè che consideravano, ancor più che Mosè, come la fonte della loro sapienza biblica. Inoltre sostenevano di discendere in linea retta dai re dell'antica città di Troia e, secondo alcuni ricercatori odierni i Merovingi avrebbero avuto antenati nell'antica Grecia e, più precisamente, che fossero imparentati con la casa reale di ARCADIA.

Alla morte di Meroveo, gli succedette il figlio CHILDERICO che si trovò a guidare un popolo unito da forti legami di solidarietà tra parenti anche lontanissimi delle varie tribù che mano a mano stavano stanziandosi nel territorio tra il Reno e la Loira. Qui ebbero subito la predominanza sulle popolazioni native del luogo che accettarono senza opporsi la loro sovranità.
Dopo Childerico fu il figlio sedicenne CLODOVEO ad ereditare la corona e con lui venne portata a compimento l'opera iniziata dal nonno e dal padre di unificare i Franchi diventando il padrone della maggior parte della Gallia, di quella parte, appunto, che prenderà il nome di FRANCIA.

In questo periodo la Chiesa di Roma si trovava in una situazione precaria costretta tra varie posizioni teologiche diverse, di varie "eresie", in lotta tra loro, come l'Arianesimo ed il Monofisismo e, quindi, la sua supremazia e la sua stessa esistenza erano gravemente minacciate, poiché la sua posizione ufficiale non era ancora superiore a quella di altre chiese più antiche (soprattutto quelle d'Oriente) ed il vescovo di Roma era solo "primus inter pares": non era, cioè, in nessun senso, il capo spirituale e supremo della Cristianità. Rappresentava semplicemente certi interessi, una delle tante forme divergenti di Cristianesimo che lottava disperatamente per sopravvivere tra una torma di scismi e di concezioni teologiche contrastanti. Ufficialmente la Chiesa di Roma non aveva autorità maggiore di certe eresie come l'arianesimo, che negava la divinità di Gesù ed insisteva sulla sua umanità. Per gran parte del V secolo, anzi, tutte o quasi tutte le diocesi dell'Europa occidentale furono ariane o vacanti.

Clodoveo, interessato ad ingrandire il proprio regno, strinse un patto d'alleanza politico e religioso con la Chiesa di Roma avversando sul piano militare e di governo le mire espansionistiche di altre tribù nei territori francese e germanico, già assoggettati all'Impero romano, (ALAMANNI, BURGUNDI, ecc.) e, soprattutto, contro i VISIGOTI, popolo che aveva origini dalle stesse antiche zone di provenienza dei Franchi, guidato da grandi re guerrieri che, da tempo, avevano conquistato un vasto territorio comprendente la Spagna e tutta la Francia meridionale. La religione dei primi, come quella degli stessi Franchi, era pagana mentre i Visigoti si erano da lungo tempo convertiti al Cristianesimo e, però, professavano la fede ariana, appartenevano, cioè, ad una setta considerata eretica e contraria agli insegnamenti della Chiesa di Roma che, a quel tempo, temeva fortemente la crescente popolarità di quella setta in Francia.

Clodoveo non era né cattolico né ariano ma non era neanche irreligioso come, invece, vollero far credere i vescovi romani. è probabile, invece, che il re fosse, anche se in modo meno tradizionale poiché i Franchi non erano più ligi osservanti e praticanti della religione di Mosè, un discendente della razza ebraica. La gerarchia romana, quindi, pensò di sfruttare la sua ascesa a proprio vantaggio.
Tramite CLOTILDE [3], figlia cristiana del re dei Burgundi - la Chiesa di Roma fece convincere il re, suo marito - e, tramite lui, la quasi totalità dei Franchi - a convertirsi alla fede cattolica di cui divenne il campione ed il difensore su tutto il territorio dell'ex Impero romano d'Occidente ed anche se Clodoveo non fu del tutto convinto seguì una grande ondata di conversioni e l'emergente corrente cattolica romana venne salvata da un collasso quasi inevitabile.

Contro l'Impero visigoto, situato a cavallo dei Pirenei ed esteso a nord fino a Tolosa, Clodoveo condusse le sue campagne più assidue ed organizzate. Nel 507 d.C. inflisse ai Visigoti una sconfitta decisiva nella battaglia di Vouillé. L'impero visigoto a nord dei Pirenei si sfasciò sotto l'incalzare delle forze di Clodoveo. Da Tolosa, i Visigoti ripiegarono su Carcassonne. Poi, cacciati anche da questa città, insediarono la loro capitale, il loro ultimo bastione in Francia, nel Razès, a Rhedae l'odierna Rennes le Château.
Alla morte di Clodoveo (511 d.C.), il regno venne diviso, secondo le usanze dei Franchi, tra i suoi figli maschi che formarono regni indipendenti: la NEUSTRIA, l'AUSTRASIA e l'AQUITANIA, anche se la divisione non ebbe, però, confini certi tra le parti del Regno.

Espansione merovingia al 511 d.C.

Immagine tratta da http://www.valsesiascuole.it/crosior/1medioevo/franchi.htm

Secondo lo storico tedesco Deschner [4]:

Il regno di Clodoveo, quasi diviso "aequa lance", fu ereditato dai suoi quattro figli - CLOTARIO I, CLODOMERO, CHILDEBERTO e TEODERICO I - tutti in egual misura Re dei Franchi, tutti, secondo il diritto ereditario germanico, eredi di pari diritto, tutti cattolici e tutti (eccetto l'ultimo, il maggiore, che Clodoveo aveva avuto nel 485 da una concubina) con una santa come madre. E tutti trascorsero la vita tra spaventosi assassinii, faide e campagne belliche. Seguendo la sperimentata tradizione paterna, ampliarono sistematicamente il regno, conquistando la Turingia (531), la Burgundia (533/534) e la Provenza (537) cui s'aggiunsero numerose altre razzie.

FU UN'EPOCA ECCEZIONALMENTE CAOTICA UNA DELLE PIÙ OSCURE E SANGUINARIE DELLA STORIA, COLMA DI ECCESSI, DI BRUTALITÀ, FRATRICIDI E TRADIMENTI, UN'UNICA ZUFFA INTORNO AL POTERE ED ALLA RICCHEZZA.
Eppure anche avveduti storici si inginocchiano riconoscenti dinanzi alla "fondazione imperiale" dei Merovingi, al ponte da loro lanciato "fra Antichità e Medioevo", all'alleanza "fra Trono ed Altare", come se tutto ciò non avesse reso la storia ben più sanguinosa!

Per almeno due secoli i vari regni furono in guerra tra loro mentre le linee di successione si aggrovigliarono sempre più e le pretese ai troni crearono grandi confusioni. L'autorità che un tempo era stata nelle mani di Clodoveo si frammentò, divenne sempre più fiacca e l'ordine civile si disgregò. Gli intrighi, le macchinazioni ed i sequestri di persona e gli assassinii politici diventarono sempre più frequenti tra i discendenti dei vari regni di origine merovingia, mentre i cancellieri di corte ed i Maestri di Palazzo accumularono un potere sempre più grande; fatti questi narrati da storici dell'epoca e mirabilmente ripresi, ad esempio, nei racconti dello scrittore francese THIERRY.

Dagoberto IINon è possibile entrare nel dettaglio degli avvicendamenti di Re, Regine, Maestri di palazzo ed altri ancora che caratterizzarono il periodo intercorrente tra il regno di Clodoveo e l'ultimo re merovingio spodestato da Pipino il Breve. Accese furono le lotte per la successione ereditaria e dinastica, in quest'epoca tutta caratterizzata da feroci e brutali uccisioni all'interno dello stesso clan familiare, da deposizioni attuate con intrighi di corte che, nel migliore dei casi, finivano con tonsure forzate ed il ritiro a vita, indifferentemente di Re o Regine, in conventi: tutto ciò segnò inevitabilmente la caduta della prima dinastia dei Re di Francia. Tra i tanti episodi di deposizioni ed assassinii, riprenderemo qui il caso di DAGOBERTO II, poiché è sulla schiatta di questo re che, in particolare, si posò l'attenzione e l'interesse di Pierre Plantard e sorsero le sue pretese rivendicazioni sulla discendenza dai Merovingi della propria famiglia.

Dagobert

L'8 agosto 1780 il giovane capitano era convolato a nozze con Jacquette Claire Josephe, figlia di Joseph Gaspard PAIHOUX DE CASCATEL, giudice della Corte Suprema e membro del Consiglio Supremo del Rossiglione.
Testimone delle nozze fu Jean Pierre François DUHAMEL, cugino di Dagobert, Sovrintendente delle miniere e delle fucine di Re Luigi XVI e corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Parigi.
Il giudice, suocero di Dagobert, qualche anno prima, era entrato in società con Duhamel, il sovrintendente del re, ed un certo Peltier e, nel 1779, avevano ottenuto il permesso dal monastero di Lagrasse di riaprire le miniere che si trovavano nei loro vasti possedimenti; l'accordo per lo sfruttamento venne anche confermato dal re per circa trent'anni.

Peltier non riuscì a far fronte ai propri impegni finanziari e vendette la sua quota agli altri due soci. Dagobert, che aveva già ricevuto dal matrimonio con la figlia del giudice un sesto del valore dell'impresa, comprò la quota di Duhamel ed, infine, quando nel 1782 ricevette in dono dal suocero stesso Pailhoux la quota di questi, divenne l'unico proprietario delle miniere e delle fucine comprese in un vasto territorio che si estendeva a nord da Termes a Tuchan a sud e da Cascatel ad est a Roco Negre, vicino a Blanchefort ad ovest.
Dagobert era venuto, quindi, a trovarsi in contatto con i personaggi della nostra storia perché le terre di Blanchefort dove furono trovate le antiche miniere appartenevano al marchese De Fleury, signore di Rennes e marito di Gabrielle, figlia di Marie de Nègre di Hautpoul Blanchefort.

Era accaduto, infatti, che un ingegnere, tale Duboscq, aveva riaperto le miniere che si trovavano in quelle terre senza avere ottenuto il permesso dal proprietario. Il marchese de Fleury aveva protestato per tale atto senza, però, raggiungere alcun risultato poiché Duboscq era fortemente appoggiato dall'Intendenza della Linguadoca ed aveva ottenuto già svariate concessioni per lo sfruttamento delle miniere di quella regione accordategli, ovviamente, dal sovrintendente del re, Duhamel, cugino di Dagobert.

Chiarito il contatto con la vicenda di Rennes le Château resta però da spiegare l'origine del legame tra Dagobert e la Massoneria.

La sua famiglia, intorno alla metà del XVI secolo, era diventata protestante e, durante le numerose guerre di religione, l'avita magione di Saint Lo (Normandia) era stata bruciata e gli archivi distrutti. Molti maschi dell'illustre casata continuarono comunque nella tradizione militare e conquistarono posizioni altolocate nell'esercito reale. Ciononostante per entrare a far parte della Guardia Reale, posizione molto ambita tra i militari, era necessario accertare una genealogia che confermasse le origini nobili del richiedente. Fu così che, nel 1728, Roger Dagobert presentò la storia della sua famiglia ad una commissione che accettò, nonostante la maggior parte dei documenti della sua famiglia fosse andata perduta nell'incendio, che i Dagobert fossero realmente di nascita nobile, anzi, persino reale.
Dopo la revoca dell'editto di Nantes, che aveva concesso libertà - seppur limitata - ai protestanti, i cattolici avevano dato inizio ad una nuova ondata di persecuzioni contro di loro e, pertanto, i Dagobert, in ricerca di aiuto, abbracciarono l'ideologia del secolo ed entrarono a far parte della Massoneria. All'epoca, infatti, facevano parte dell'istituzione molti grandi nomi della Francia che avevano manifestato interesse nelle ricerche intellettuali, con impegno nel sociale, ma anche in quelle esoteriche.

Durante la Rivoluzione Francese Dagobert fu accusato di tradimento perché nobile e sospettato di sentimenti nostalgici per l'Ancien Regime e fu, quindi, imprigionato ma, ancor prima di essere condotto al patibolo fu salvato per l'intervento dei suoi fratelli massoni repubblicani che attirarono l'attenzione sulla popolarità e la sua competenza come ufficiale dell'esercito.
La Spagna, dove ancora regnava la dinastia dei Borboni - il suo re era il cugino di Luigi XVI - aveva lanciato un'offensiva contro la Francia. Dagobert, quindi, a causa del disperato bisogno di ufficiali dell'esercito competenti, fu richiamato, promosso generale e mandato a raggiungere l'esercito schierato sui Pirenei orientali, al comando del marchese di Chefdebien - anch'egli scampato, grazie alle sue conoscenze massoniche, al patibolo - suo amico e fratello nella Loggia dei Filadelfi della quale era diventato anche Gran Maestro.

Di conseguenza due uomini, seppur divisi da ideologie diverse, essendo Dagobert un sostenitore protestante della Repubblica e Chefdebien un aristocratico cattolico, furono uniti da una causa apparentemente comune, la difesa della Francia.
Due sole figlie allietarono il matrimonio di Dagobert e, la mancanza di un erede maschio, lo convinse a lasciare tutti i suoi archivi (Arcanes des mines des Corbieres) contenenti un grande segreto su di un tesoro nascosto, in custodia ai suoi fratelli massoni del Grande Oriente di Francia, perché in caso di morte - che lo colse il 18 aprile del 1794, a seguito di un'inspiegabile febbre, forse, effetto di un avvelenamento del cibo - li utilizzassero in supporto degli ideali massonici.


Bibliografia e Collegamenti

Guy Patton, Robin Mackness, "L'Enigma dell'oro scomparso", Newton & Compton Editori, Roma 2000.



Note

[1] FREDEGARII et aliorum Chronica, "Vitae Sanctorum edidit Bruno Krusch", Hannoverae impensis Bibliopolii Hahniani, 1888.

INDIETRO

[2] GREGORII TURONICI, "Historiae Francorum libri decem, quorum quarto duo capita praecipua ex manu scripto exemplari hac nostra editione accesserunt. Appendix item sive liber 11. centum & decem annorum historiam continens alio quodam gratia totum opus recudimus .. Adonis Viennensis Chronica." Basileae per Petrum Pernam, 1558.

INDIETRO

[3]

Sainte Clotilde

La basilica è una delle più importanti chiese di Parigi costruita, nel XIX secolo, in stile gotico: i lavori durarono ben dodici anni. Il consiglio municipale della città di Parigi decise (16.02.1827) la sua costruzione affidando i lavori all'architetto Jean Nicolas HUYOT per una chiesa dedicata a san CARLO.
Il progetto rimase inattuato sino al 1833, quando il nuovo prefetto RAMBUTEAU diede il nuovo incarico per la costruzione della chiesa all'architetto di origine tedesca François Christian GAU. I lavori ebbero inizio nel settembre del 1846 e la chiesa, pian piano, fu elevata su pietre intagliate nelle cave di Chatillon sur Seine in Borgogna. Nell'autunno del 1853 successe a Gau il suo giovane assistente Théodore BALLU, futuro architetto de l'Hotel de Ville de Paris.

Sainte Clotilde Sainte Clotilde oggiIl 30 novembre 1857 ebbe luogo l'inaugurazione e la benedizione della chiesa da parte del cardinale MORLOT alla presenza di monsignor SACCONI, nunzio apostolico della Santa Sede a Parigi e del barone HAUSSMAN prefetto della Senna.
La chiesa, però, venne dedicata a Santa Clotilde - figlia del re di Burgundia - data in sposa al barbaro re franco CLOVIS (CLODOVEO) - della stirpe dei Merovingi - che fu convertito al Cristianesimo proprio dalla moglie di fede cristiana. Nel quattordicesimo centenario del battesimo del re Clodoveo, nel 1896, anno del giubileo nazionale, Papa LEONE XIII conferì alla chiesa i diritti, i privilegi, gli onori, le prerogative e le insegne delle basiliche minori di Roma.

INDIETRO

[4] KARLHEINZ DESCHNER, "Storia criminale del Cristianesimo, tomo IV - L'alto Medioevo. Dal re Clodoveo I (circa 500) fino alla morte di Carlo Magno (814). Edizioni Ariele, Milano, 2003.

INDIETRO